L'evoluizione

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pienpi
00giovedì 2 luglio 2009 09:45

Nell'affaire Benzema-Real Madrid c'è l'ombra anche di Adriano Galliani: non per uno scenario di fantamercato che avrebbe potuto portare Karim alla corte di Leonardo, ma nelle righe del comunicato del sito ufficiale del Lione che annunciava la cessione. I 35 milioni di Florentino Perez, che diventeranno in breve tempo 41 grazie a diversi premi nell'accordo, non hanno lenito la rabbia e l'orgoglio del club di Jean-Michel Aulas, il presidente dei grandi successi per tutti i tifosi della Gerland: "Il club desidera augurare i migliori successi a Karim con il Real Madrid" si legge. Nulla di strano, anzi, ma passiamo avanti: "(club) che per portare a termine il suo ambizioso progetto sportivo beneficia di disposizioni legislative (in materia di sponsor, giochi d'azzardo e scommesse sportive con Bwin), ma anche fiscali e immobiliari, incomparabili con la situazione attualmente in vigore in Francia per lo sport professionistico". Colpito ed affondato. Parole al vetriolo, che servono non solo a motivare la cessione a tifosi e stampa locale di uno dei beniamini nazionali, ma anche a lanciare l'allarme ai vertici del Calcio: ci aveva già pensato Adriano Galliani, non innocente, intendiamoci, nel buco di bilancio che ha colpito il Milan nell'ultima stagione, ma preso sostanzialmente "alla canna del gas" da Florentino per coprirlo con la cessione di Kakà. Il fatto che il Lione, club che storicamente ha ceduto i suoi campioni (da Essien a Diarra) senza fare una piega, decida di scendere in campo così coraggiosamente non è una coincidenza: JM Aulas, uno degli uomini più ricchi di Francia, è stato per anni il presidente ed uomo di spicco, esattamente di come Galliani, di quel G14 che ha sempre cercato di dare un codice etico e morale ai rapporti, e di conseguenza al mercato, dei più grandi club europei. Amici di Perez dunque, ma non del Real, per un clamoroso paradosso che sta sconvolgendo gli equilibri del calcio mondiale e che potrebbe a breve ucciderlo: scenario catastrofico? Non proprio se il Manchester United, la seconda squadra in classifica per fatturato nel 2009 e dunque forse l'unica che sulla carta potrebbe competere con la capolista Real, si fa sfilare per 94 milioni il suo gioiello, esattamente come il "povero" Milan: nel frattempo sul mercato, anche per Sir Alex Ferguson, non si è visto più che l'equadoregno del Wigan, Antonio Valencia, con l'aggravante che la stagione dei Red Devils inizierà sostanzialmente un mese prima di quella italiana. Il Barcellona campione d'Europa, ride? Sì, grazie al lavoro certosino effettuato sulla Cantera negli scorsi anni, ma non sottovalutiamo, anche in questo caso, i suddetti benefici del Real Madrid (per la verità al netto delle agevolazioni "reali" di cui godono i Blancos dalla monarchia). Chelsea (seru acquisti per "Sir Lotty" Ancelotti) non ride, il Liverpool spende una follia per Johnson ma rischia di perdere in giornata Xabi Alonso (indovinate dove andrà?): il Bayern fa festa con Tymoschuk e Gomez grazie al sistema sostenibile che la Bundesliga sta impiantando a poco a poco (con le nazionali tedesche under 17, 19 e 21, tutte campioni d'Europa di categoria), ma la competitività internazionale è lontana anni luce ugualmente. Di squadre come il Marsiglia, il Benfica ed il Porto, l'Ajax ed il PSV, vecchie conoscenze di una Coppa Campioni che oggi non c'è più, neanche parliamo: forse qualcosa si smuove ad est con i petrorubli di Shaktar e CSKA, ma anche da quelle parti sembrano essere tornate cose ben più importanti a cui pensare. Il punto su cui la Uefa, ed in particolare Platini, è invitata a riflettere è: a quanti interessa davvero uno sport in cui una sola società fa incetta di stelle e gli altri si devono accontentare delle briciole? E soprattutto, se scemerà l'interesse della gente, automaticamente caleranno anche gli introiti di sponsor e tv, e di riflesso i fatturati delle squadre, per finire in un buco nero che potrebbe inghiottire tutti. Tutti, tranne il Real Madrid, e forse il Barcellona, come detto. Tutti, tifosi rossoneri, ma anche nerazzurri ("lo Sceicco bianco" Moratti, come è stato definito da Fedele Confalonieri a Milan Channel, si è accorto già con Maicon di far parte della combriccola dei poveri) e tanto più bianconeri: pensare che al di là dell'Oceano, si lavora con accorgimenti geniali come il Salary Cap, il draft e le luxury tax. Ma forse in Europa, ed in particolare in Italia, da cambiare sarebbero prima i tifosi del calcio: un Kakà o un Cristiano Ronaldo in meno lasciano fiumi di lacrime che a Cleveland, Ohio, nemmeno immaginano per la partenza già strombazzata da mesi in direzione New York (un posto a caso...) del prodotto di casa loro, diventato un Dio, Lebron James, il secondo cestista (dopo Kobe Bryant, Los Angeles Lakers) più famoso del mondo. Un James in meno in roster val bene la competitività, l'equlibrio sul parquet ma soprattutto degli introiti degli sponsor, di tutta la Lega: il ragionamento fila dritto nelle menti dei supporters dei Cavaliers. Adriano Galliani, ancora lui, ha parlato dal Workshop di Villasimius di tifosi "evoluti": qualcuno si è offeso. Ma in fondo cos'è l'evoluzione di una specie, se non la presa di coscienza di dover necessariamente cambiare per sopravvivere?



interessante riflessione trovata su milannews
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